Negli ultimi anni il boom dell’E-Commerce ha reso finalmente appetibili mercati complessi, e il protagonista di questo cambio di scenario è la Cina.
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La combinazione di deregulation e incentivi fiscali ha contribuito a creare aspettative di fatturati facili e di scenari tipici da Far West, nel quale chiunque può ritagliarsi il suo spazio con la giusta dose di audacia e fortuna. Per quanto allettante possa essere questa visione, ci sono alcuni fattori da tenere a mente quando si parla di E-Commerce in Cina (e non solo).
Ne ho elencati tre: Democraticità, Smaterializzazione, Canalizzazione.
Democraticità
L’aumento di complessità e di dimensione dell’E-Commerce non ha cambiato la percezione comune: vendere online richiederebbe un investimento relativamente modesto. Illusione o verità?
Senza entrare nel merito delle diverse modalità di accesso al mercato digitale, per chiunque oggi è virtualmente possibile costruire un canale di vendita online.
La conseguenza, oltre all’allargamento esponenziale del bacino di clienti, è l’opportunità che anche un’azienda relativamente piccola ha di entrare in questo mercato – se dotata di un prodotto capace di soddisfare un bisogno dei consumatori e di una corretta consulenza professionale.
Una delle differenze principali tra le aziende più strutturate e quelle più piccole è la capacità di minimizzare i rischi – si pensi infatti agli strumenti che le prime possiedono: dipartimenti di marketing, contabilità, consulenza strategica digitale! Impensabile per la tipica PMI italiana.
La vera chiave di volta dell’E-Commerce sta dunque nella possibilità di raggiungere un numero relativamente alto di clienti anche in assenza di strutture organizzative complesse tipiche della grande impresa. Un vero e proprio processo di democratizzazione del commercio, dove i rapporti di forza tra aziende sono bilanciati e chiunque può avere una voce. Riuscirà questa ad essere ascoltata?
Smaterializzazione
Il processo di smaterializzazione è il passaggio da un investimento di tipo fisico ad uno di tipo più liquido.
Il concetto è molto semplice. Prima dell’esplosione dell’E-Commerce, gli investimenti necessari per entrare in un mercato estero erano prevalentemente di due tipi:
- Aprire uno o più negozi fisici: una scelta che presupponeva, oltre ad un grosso investimento e ad una conoscenza delle norme del paese di riferimento, uno studio completo di marketing, del posizionamento geografico del negozio e delle tendenze.
- Affidarsi ad un distributore: l’alternativa era quella di affidare il proprio processo di distribuzione a qualcuno che provvedesse alla logistica e alla vendita. Tutt’ora valido, a patto che l’azienda distributrice sia affidabile e corretta nel valorizzare il brand.
Molti di questi investimenti erano poco flessibili e, nella maggior parte dei casi, definitivi – parte dei cosiddetti sunk costs, per intenderci. L’esito dunque era quello di scoraggiare il piccolo imprenditore, che pur essendo dotato di un prodotto valido non avrebbe avuto le spalle abbastanza larghe per fronteggiare un tale rischio.
Oggi la musica è cambiata: gli investimenti per raggiungere un mercato estero, grazie all’E-Commerce, sono molto più fluidi. A parità di investimento, la possibilità di mixare in modo diverso le leve di marketing a disposizione è notevolmente aumentata, dando la possibilità di modificare la strategia secondo il riscontro ricevuto dal mercato.
La differenza, in ultimo, non sta nel quantum da investire, che rimane comunque significativo, bensì nella tipologia degli investimenti – più marketing, più advertising e meno costi di strutture fisiche – e di conseguenza del modo in cui questi possono essere gestiti.
Canalizzazione
L’ultimo punto è strettamente correlato a quanto sopra: la smaterializzazione degli investimenti può infatti essere adeguatamente sfruttata anche grazie ad un’appropriata canalizzazione di essi.
Questo significa che, per assicurare un buon esito degli investimenti online, saranno necessari approfonditi studi preventivi del mercato di riferimento, talvolta ricorrendo all’ausilio di esperti del settore e della cultura – necessario, ad esempio, quando si parla di Cina.
Anche prima, però, uno studio del genere era importante: dove sta la differenza?
La differenza principale sta nell’esistenza e nell’utilizzo dei dati online, reperibili da chiunque ne abbia bisogno ai fini del proprio business. Ad esempio, grazie ai dati digitali, oggi è possibile poter canalizzare meglio l’investimento, definire il proprio target di riferimento e centrare l’obiettivo che ci si è posti: il tiro sarà più o meno preciso a seconda della quantità e della rilevanza dei dati utilizzati.